Gli Inuit sono una popolazione derivata dal ramo della razza mongolica. Essi mostrano una corporatura tozza con bassa statura e arti inferiori corti (tutti caratteri atti a contrastare le basse temperature), il colorito è scuro tendente al giallastro, la faccia appiattita con un grande cranio. Attenzione a non chiamarli eschimesi , una parola indiana del popolo Cree che significa mangiatori di carne cruda, perchè è un termine dispregiativo, non usato da molto tempo. Essi chiamano se stessi Inuit (o Yuit in siberiano e in alcuni dialetti dell'Alaska), cioè “il popolo” in lingua Inuktitut.
Come d'altronde per altre parti della Terra, c'è stata una tendenza a riunire tutti i popoli che vivono all'estremo nord in un singolo stampo culturale, mentre in realtà esistono alcune differenze a seconda che si tratti di Inuit del Canada, dell'Alaska, della Groenlandia o dell'Asia, come si può vedere ad esempio nei diversi nomi degli dei o degli spiriti della natura.
Sono gli originari abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell'America settentrionale e della punta nord orientale della Siberia.
Il loro ambiente è caratterizzato principalmente dalla tundra, ovvero pianure basse e prive di alberi dove il terreno è perennemente ghiacciato (il cosiddetto permafrost) salvo pochi centimetri in superficie durante la breve stagione estiva. Attualmente vivono in Alaska (Stati Uniti), in Groenlandia (Danimarca) ed in Canada dove risultano concentrati in particolare nei Territori del Nord-Ovest, nel vicino Nunavut e nella regione settentrionale del Labrador.
Gli Inuit oggi
Per molti secoli, gli Inuit hanno vissuto in un isolamento quasi totale. Nonostante qualche contatto, breve e limitato, con i primi esploratori, è stato solo dopo l'arrivo delle flotte baleniere del secolo scorso che gli Inuit hanno avuto rapporti sociali, costanti e significativi, con gli europei.
Gli inuit non possiedono il concetto di possesso o proprietà privata con riferimento tanto a cose materiali, quanto a persone. Per questo motivo faticano a concepire l'idea di una struttura politica che regoli la loro vita dall'alto. L'educazione dei bambini riveste una grande importanza e i piccoli, pur ricevendo attenzioni continue, crescono liberi di fare di tutto privi di inibizioni e di limiti imposti ed ignari dei concetti di punizione e castigo.
Forse anche per questo, gli Inuit del Canada per esempio, hanno sempre avuto limitati contatti con le strutture governative del Paese, basti pensare che fino al 1962 non avevano ancora diritto di voto. Preoccupati di riguadagnare un maggiore controllo sulla propria vita e sul proprio avvenire, gli Inuit negli ultimi tempi hanno cominciato a partecipare attivamente alla politica.
Oggi sono ben rappresentati nell'Assemblea Legislativa e a livello ministeriale territoriale, inoltre, nel Parlamento canadese, ora siedono sia alla Camera che al Senato. Tra le organizzazioni politiche che si sono formate, spicca l'Inuit Tapirisat. Nell'aprile del 1999 è stato creato nel nord del Canada un nuovo territorio abitato in prevalenza da Inuit, Nunavut, che significa “la nostra terra”. Esso che ha lo stesso grado di autonomia politica ed economica che hanno gli altri territori del nord. Ad amministrare il patrimonio degli Inuit pensa la Nunavut tunngavik con le sue società ed è previsto dal Nunavut act la creazione di tre nuovi parchi nazionali. Si stampano anche alcuni giornali, tra cui il Nunatsiaq News, 6500 copie la settimana e principale fonte d'informazione in inglese e inuktitut. Gli Inuit canadesi si sono uniti con quelli della Groenlandia, dell'Alaska e della Siberia per dare vita alla Conferenza Inuit Circumpolare, un organismo che si fa interprete delle preoccupazioni e degli argomenti più importanti che riguardano l'intero emisfero artico.
Attualmente la cultura inuit e la stessa sopravvivenza di queste popolazioni risultano fortemente minacciate a causa dei mutamenti economico-sociali e delle condizioni di vita derivanti in gran parte dai cambiamenti climatici e ambientali, dalla maggiore influenza e penetrazione della cultura e degli stili di vita occidentali, oltreché dalle forti pressioni provenienti dalle potenze economiche interessate ad un più libero e disinvolto sfruttamento delle risorse naturali di cui le loro terre sono ricchissime. A causa di ciò le popolazioni stanno progressivamente modificando i propri stili di vita adattandosi a nuovi modelli culturali, perdendo di fatto il contatto con le proprie radici ancestrali.
Dove si trovano gli igloo?
Gli igloo, le costruzioni realizzate interamente di ghiaccio, per noi Europei sono qualcosa di straordinario ma per le popolazioni Inuit sono sempre state la normalità. Gli igloo non sono però più le abitazioni degli Inuit: lo sono state fino agli inizi del secolo scorso, ma oggi anche queste popolazioni vivono in case di mattoni. In alcuni stati dell’Artico si possono ancora vedere, ma sono edifici temporanei costruiti per cacciare oppure villaggi vacanze realizzati appositamente per far vivere un’esperienza diversa ai viaggiatori.
Anche se oggi gli Inuit non vivono più negli igloo, rimane il fatto che queste costruzioni sono davvero molto interessanti: sicuramente inusuali per gli europei abituati a climi temperati!
E come sono fatti gli igloo e perchè non fa freddo al loro interno?
Gli igloo sono edifici realizzati interamente con la neve: questa viene pressata per formare dei mattoni, i quali vengono segati e modellati in base alle esigenze. Queste abitazioni hanno una forma arrotondata, quindi i vari mattoni devono essere realizzati della forma corretta e montati seguendo una spirale oppure in cerchi sovrapposti e sempre più stretti fino al centro del tetto. Una volta realizzata la cupola di neve, viene effettuato un foro sul tetto per consentire una ventilazione dell’interno: una specie di camino. Infine, viene realizzato il foro d’entrata, quasi sempre preceduto da un piccolo corridoio stretto e lungo. Ma come è possibile che, con temperature esterne che arrivano fino ai -50°, all’interno dell’igloo il clima sia intorno ai 17°? Semplice: la temperatura interna dell’igloo è garantita dalla capacità termica del ghiaccio. Inoltre, bisogna considerare che nelle regioni artiche soffiano spesso raffiche di vento gelato: questo permette agli iglù di rimanere intatti e non sciogliersi anche se all’interno viene acceso un piccolo fuoco.
Viaggi invernali in Groenlandia
La lingua degli Inuit
La lingua inuit è costituita da una serie di moltissimi dialetti, talvolta molto simili fra loro, che può essere suddivisa secondo diversi criteri. Le divisioni politiche e sociologiche sono sempre più spesso usate come primi criteri per descrivere varianti diverse della lingua inuit, per il legame che hanno con i diversi sistemi di scrittura, le tradizioni letterarie, le scuole, i mezzi di comunicazione e i prestiti lessicali. Ciò rende alquanto problematica qualsiasi suddivisione della lingua inuit.
La Groenlandia conta approssimativamente 50.000 parlanti di varianti della lingua inuit, di cui più del 90% parla un dialetto della Groenlandia occidentale in famiglia. Fra le principali varietà groenlandesi segnaliamo:
- Il Kalaallisut, o groenlandese, è il dialetto standard nonché lingua ufficiale della Groenlandia. Questa lingua standard nazionale è ora insegnata a tutti i Groenlandesi nelle scuole, a prescindere dal loro dialetto natìo. Designa quasi esclusivamente la lingua della Groenlandia occidentale, e ha preso in prestito molti termini danesi, mentre le varianti del Canada e d'Alaska tendono a prendere in prestito termini inglesi o talvolta francesi e russi. Il kalaallisut utilizza l'alfabeto latino. Il dialetto dell'area di Upernavik, nel nordovest della Groenlandia, differisce parecchio nella fonologia dal dialetto standard.
- Tunumiit oraasiat, invece, è il dialetto della Groenlandia orientale. Differisce notevolmente dalle altre varianti della lingua inuit e secondo Ethnologue è parlato da circa 3.000 persone.
- Avanersuaq è il dialetto della zona di Qaanaaq, nella Groenlandia settentrionale. È chiamato talvolta "dialetto thule" o nord-groenlandese. Questa zona è la più settentrionale di tutto il mondo inuit, e ha un numero relativamente ridotto di individui che la parlano, si stima meno di 1.000 parlanti.
È vero che gli Inuit tollerano l’alcol meno degli europei?
Sì. Ciò è dovuto ad una minore presenza, nel fegato, di alcol-deidrogenasi, un enzima che ha il compito di demolire, e neutralizzare, le molecole di alcol etilico.
La concentrazione di alcol-deidrogenasi varia, infatti, da popolazione a popolazione e da individuo a individuo. Nelle popolazioni europee (razza caucasica) la percentuale di persone che non riescono a smaltire rapidamente gli effetti di una sbronza varia tra il 5 e il 20 per cento. Nelle etnie orientali (per esempio i giapponesi, i nativi americani, gli inuit), la percentuale sale invece al 90.
L’assenza di alcol-deidrogenasi comporta un accumulo nel sangue di acetaldeide, un prodotto tossico del metabolismo dell’alcol, che provoca una sindrome che si manifesta con vampate di calore a viso, collo e tronco, arrossamenti, tachicardia, ipotensione, cefalea, e a volte convulsioni, vomito, diarrea e difficoltà respiratorie.
- Secondo il World Database of Happiness, il Paese “più felice” al mondo è la Danimarca… ma non proprio tutti i Danesi sono felici. Camminando a Copenhagen per le strade di Christiania, utopico quartiere hippy in decadenza, in un’atmosfera da medioevo post-nucleare, è facile incontrare nutriti gruppi di Inuit groenlandesi persi nei fumi dell’alcol. Cosa porta gli Eschimesi in Europa? I Groenlandesi sono cittadini danesi sudditi di Sua Maestà Margherita II, ma non con un’esistenza felice come quella dei connazionali europei. Le condizioni di vita degli Inuit risultano essere drammatiche a Copenaghen ma lo sono ancor più nella loro terra d’origine: la Groenlandia; vittime della globalizzazione e della Madre Danimarca, paradossalmente schiacciati da una parte dall’inquinamento e cambiamenti climatici e dall’altra dagli ambientalisti.Sono infinite le piaghe cui deve fare fronte questo popolo che rischia in tutti i sensi l’estinzione. Quasi 60 mila persone, discendenti di cacciatori di balene e di foche, privati della propria identità, della propria cultura e della propria linguaUn territorio minacciato dagli effetti dei cambiamenti climatici, vede paradossalmente come più acerrimi nemici degli Inuit le organizzazioni di ambientalisti. WWF e Greenpeace si sono infatti scagliate contro le “primitive” usanze che vedono nella caccia alle balene e alle foche la base dell’economia inuit, portando ad una drastica riduzione dell’attività; il risultato è stato di rendere impossibile l’autonomia e la sopravvivenza, sia fisica che culturale, del Popolo del Nord. Un cacciatore che riusciva a sfamare col proprio lavoro una numerosissima famiglia, riceve oggi dal Governo di Copenhagen 300 euro al mese… Le conseguenze sono state drammatiche: negli ultimi anni si sono registrati infiniti casi di suicidio, per fame e per onore, e di alcolismo soprattutto presso la popolazione adulta maschile (ma l’alcolismo tra minori è sempre più frequente).
tratto da https://oltrematrix.wordpress.com/
L’alcolismo è la piaga più grave per gli Inuit. Per i 50 mila uomini dagli occhi a mandorla che abitano la più grande isola del mondo la vita oggi non è facile. Spesso si sente dire che essi avvertono che la loro civiltà è giunta al capolinea e reagiscono abbandonandosi alla pulsione autodistruttiva. E può accadere che in un villaggio di 100 abitanti, si contino 6-7 suicidi all’anno, quasi tutti giovani tra i 18 e i 20 anni, che si impiccano in bagno o alla trave di casa. Se le stesse percentuali interessassero le grandi città europee o americane, sarebbe allarme rosso. Qui invece tutto continua nell’indifferenza generale.