Dopo i fatti di cronaca scatenatisi in Cina (vedi il Coronavirus) in tanti ci richiedono a proposito dei Virus e dei conseguenti pericoli virali presenti durante un viaggio e se, soprattutto, la Groenlandia sia un viaggio sicuro. Anche se in Cina ad oggi circa 500 persone sono già morte e quasi 25.000 casi sono stati accertati, c'è da dire che nulla - nemmeno l'eco di tutto ciò - sia arrivato al Polo nord.
La Groenlandia resta un Paese sicuro per il turismo.
Principalmente perchè i virus difficilmente sopravvivono in condizioni estreme, ma anche a caura della limitata presenza umana sulle sponde della Groenlandia.
A riprova della gravità della situazione internazione odierna però dobbiamo ammettere che non poche siano le complicazioni per i viaggi, anche verso i poli. Il problema è da riferire alle (ci si augura temporanee) severe misure adottate per arginare il contagio, che hanno generato un irrigidimento forte delle procedure sanitarie di imbarco negli aeroporti, con conseguente facilità nel perdere le connessioni più strette.
Il tema è molto importante soprattutto in un Paese come la Groenlandia che vive di incertezza quando si parla di regolarità delle frequenze dei voli, dovute alle improvvise cattive contizioni atmosferiche.
Virus e aumento delle temperature artiche
Per dovere di cronaca è opportuno riportare che negli ultimi anni ricercatori hanno campionato i mammiferi marini per l’esposizione ad alcuni virus come il cimurro di focina e l’infezione dal 2001-2016. I mammiferi campionati includevano foche del pelo del nord, leoni marini di Steller e lontre marine settentrionali dal sud-est dell’Alaska alla Russia. I dati di telemetria satellitare hanno aiutato i ricercatori a collegare i dati relativi ai movimenti degli animali e ai fattori di rischio per dimostrare come gli animali esposti hanno il potenziale per trasportare lunghe distanze i virus. Gli autori hanno identificato l’infezione diffusa e l’esposizione al virus attraverso l‘Oceano Pacifico del Nord a partire dal 2003, con un secondo picco di esposizione e infezione nel 2009. Questi picchi hanno coinciso con riduzioni dell’estensione del ghiaccio nel mare artico.
Nei confronti dell'uomo il dato di diffusione dei virus nell'artico è irrilevante
Una epidemia di antrace in Siberia del 2016 ha provocato la morte di un bambino e il ricovero di decine di persone (nonchè l'abbattimento di 2.300 renne). Il batterio letale che ha causato la diffusione della malattia (si ipotizza) sia finito nell'atmosfera dopo che la carcassa di una renna infettata è riemersa dall'ibernazione a distanza di 75 anni. Non si tratta quindi di un evento casuale, quanto piuttosto di una delle conseguenze causate dall'innalzamento delle temperature nella regione, e dal conseguente scioglimento dei ghiacci. Quest'estate il permafrost si sarebbe infatti sciolto tre volte più velocemente del solito, stando a quanto riportato dal Siberian Times.
A preoccupare gli esperti non è il Coronavirus ma piuttosto una possibile diffusione del vaiolo. Intorno al 1890 un'epidemia di vaiolo devastò diverse zone della Siberia, tra cui Kolmya. "In una sola città morì il 40 per cento della popolazione," ha detto Kershengolts. "I corpi furono seppelliti vicino al fiume Kolmya sotto lo strato superiore del permafrost. Oggi, 100 anni più tardi, le acque del Kolmya hanno iniziato a sbriciolare la riva" dimostrando che i virus possono tornare in vita.
Alcune teorie, infatti, sostengono che, dopo essere rimasti congelati nel permafrost siberiano per più di 30.000 anni, alcuni virus possano tornare in vita.